Già...è andata proprio
così: dopo un intero inverno di lezioni dal lunedì al sabato, di
allenamenti plasticari e di domeniche piovose/sui libri/poco
produttive dopo i vari sabati al TCC, decido di saltare a piè pari
la sessione esami di Aprile e di prendermi una sessione...di pura
roccia. Basta agli orari improbabili di Palazzo Nuovo, ai suoi
duemila appelli concentrati nella bellezza di due settimane, ai miei
amici invernali “trave e pan” e al ridicolo tempo da poter
dedicare alla roca: alla parola “Fontainebleau” ventilatami dal
Grosa a inizio Marzo non ci vedo più e scelgo di cestinare i pochi
giorni di vacanza sfruttabili per lo studio per occuparli in modo più
“proficuo”.
Nemmeno il “pacco
regalo all'ultimo minuto” di pilota e copilota della macchinata in
cui ero compresa mi convincono a ripensarci. E così nonostante le
previsioni meteo poco promettenti, i miei 4 punti sulla patente e una
Suzuki Swift piantata ai 120 km/h in autostrada, dopo 7 ore arrivo
insieme al romanaccio Lore al Formula 1 di Nemours. Il super team del
BoulderBar è già arrivato, mancano solo i valsusini. Ma a giudicare
dall'orario in cui il giorno seguente si presenteranno in forêt,
dovevano averci battuti alla grande in quanto a ritardo!
Che
dire...sono stati giorni belli, pieni, sorridenti, sfiancanti.
D'altronde come avrebbe potuto essere diversamente con una compagnia
con la C maiuscola come quella in cui mi sono ritrovata e un posto
magico come Font? Quanto a realizzazioni, come immaginavo, tra piatti
e ribalte non ho combinato granché. Ma c'erano troppi blocchi,
troppe linee, troppa bella roccia per concentrarsi su qualcosa di più
duro e impegnativo. E così, saltellando da un masso all'altro, tra
Bas Cuvier, Cuisinière, Franchard Isatis, Cuvier Rampart e
L'Éléphant, mi porto a
casa giusto qualche 6c, tra cui anche lo stupendo Septième Ciel a
Cuvier Rampart su cui la spunto flash. Sarà una nullità agli occhi
di molti, ma che soddisfazione! Per non parlare della Marie Rose:
solo dopo essersi fatta corteggiare a dovere, finalmente mi concederà
l'onore di salirla. Che gioia in cima ad una linea tanto storica, per
quanto facile che sia. Complimenti invece a Edo che con la vacanza si
mette in saccoccia ben altro: Fourmis Rouges, 7c.
Purtroppo
tra tante risate, tanta sana fatica e addirittura una rapida puntata
notturna nella splendida Parigi, i nostri cinque giorni volano via. Con polpastrelli in fiamme e una bella infiammazione al bicipite
destro si rimpatria.
E
proprio poco dopo il rientro in patria, la mia patria (gli
obbrobriosi tettacci scavati dell'alta valle), mi tolgo uno sfizio
che da tempo era nella lista dei “compiti a casa”: Cavalcando
l'airone, 8a nello strapiombazzo sotto il ponte di Villeneuve, più
un ricovero tossici che una falesia! Ci avevo già messo le mani
l'anno scorso e quello ancora prima, ma con una sola giornata di
tentativi all'anno non l'avevo mai spuntata. Questa volta invece,
dopo un giro di ricognizione, lo stampo. Tutto merito della bella
giornata di colla e della motivazione nel poter finalmente scalare di
nuovo col fratellone (con cui non scalavo dall'autunno!) che non
della forma fisica (il bicipite si lamentava ancora e un polpastrello
sputava sangue che era un piacere). Così parto, senza grandi
aspettative. Mi attende subito un bel boulder iniziale che da copione
prevede un dinamico ad una zappa difficile da inzicchiare, ma che
“sgamo” con un bel tallonaggio e un intermedio-merda che mi
permettono di raggiungere il presone senza perdere i piedi.
Sbacchetto all'ultimo incrocio del duro, ma stringo i denti, non
mollo e raggiungo un buon riposo. La parte centrale non è
assolutamente difficile, ma ghisa quanto basta per arrivare alla
sezione finale poco lucidi, specie se dopo il primo giro non ti
ricordi assolutamente niente come la polla della sottoscritta. Ma
improvvisando un poco elegante incastro di schiena riesco ad
agganciare lo zappone finale. Ribalta, si tira il fiato, e clac!
E
io lo stesso giorno avrei dovuto dar museologia?! Naaaaa :)
Nessun commento:
Posta un commento