sabato 23 giugno 2012

CLIMBING NEVER DIES


Più il tempo passa e più il legame con questa attività si fa indelebile ( per motivi non solo legati alla passione) realizzo  che l’arrampicata, come pochi altri sport,  è soprattutto  un veicolo espressivo che esula dal semplice gesto atletico. Una foto scattata, un progetto video, un evento che riunisce tanta altra gente con la medesima passione , sono solo alcuni modi per tirar fuori quel fuoco che ci brucia dentro.
Scrivere di arrampicata è forse l’espressione più intima, più sincera . quella che ci spoglia di fronte a chi ha la pazienza e la curiosita  di leggere le nostre emozioni e le nostre contraddizioni…
Queste sono le parole e le emozioni di due B siders travolti da una pietra che non smette di rotolare
Climbing never dies

Leggi le parole di Luca su:


Martina Blanchet in:
SARRE  “the final cut”

Sarà che è comodo, sarà che è allenante, sarà che ogni fottuto weekend: tempo
di merda.
Sarà…fatto sta che sono sempre lì, sotto il famigerato tettaccio, a difendere
la mia triste fama di “Queen of Sarre”.

Se non altro la cosa mi riesce piuttosto bene e nel giro di due settimane ho
la meglio sia contro l’odiato dinamico di Kabuki Plus, che contro il temuto
mono di Smalto (che ovviamente mono per me non è…eheh!). Non abbastanza sazia
di ghisa, decido di lanciarmi su Parsisarre, 8b. Dopo la partenza boulderosa
di
Parsifal, si traversa su Sarre all’altezza di un discreto riposo, di lì
correre
fino in cima. E così corro (per modo di dire come tutti sanno!), ma a meno tre
prese dalla catena la ghisa ha la meglio.
Ritorno dopo pochi giorni. Ahimè caldazza mortale: 26C°, ore 9 di sera. Tento
comunque, ma faccio poca strada…
Ci riprovo qualche settimana dopo, più per forza di cose che per vera
motivazione. Visto il poco tempo a disposizione e l’ennesima fastidiosa
pioggerella pomeridiana non ho infatti alternative: Sarre. Dopo un giro di
ricognizione parto, demotivata e deconcentrata. Sotto continuano a parlare.
Zitti, cazzo. “No perché tu lì alzi il piede, io invece lolotto”. Zitti,
zitti.
“Ah si? Ma dici dopo l’incrocio?”, “No, alla spalla!”. Concentrati,
concentrati…passo il duro di Parsifal e raggiungo il riposo di Sarre.
Finalmente il silenzio. Due rapide sghisate e poi parto. Il silenzio si fa
tifo. Senza accorgermene mi ritrovo alle due prese finali, avambracci d’
acciaio, ma… “clack”, nello stesso momento in cui la mano destra mi abbandona,
la corda passa nella ghiera della catena. È fatta :)